Cronaca del lavoro

Italiani in Albania per trovare lavoro. Ora i migranti siamo noi

di Alessandro Ceccarelli


Sono passati quasi 23 anni, esattamente l’8 agosto del 1991, dallo sbarco di circa 27mila cittadini albanesi nel porto di Bari. L’Italia improvvisamente diventava la meta di chi era in fuga dalla disperazione e dalla povertà dei regimi post-comunisti.

Quella nave, la ‘Vlora’, un ammasso di lamiere corrose dalla ruggine, era stracolma di persone che volevano dimenticare un passato fatto di miseria e povertà. Quegli albanesi malvestiti, sporchi, affamati e stanchi vedevano il nostro Paese come una sorta di paradiso, luogo di riscatto morale ed economico. Ecco il commosso ricordo della moglie dell’allora sindaco di Bari: “Mio marito andò subito al porto, prima ancora che la Vlora sbarcasse. A Bari non c’era nessuno del mondo istituzionale, erano tutti in vacanza, il Prefetto, il Comandante della Polizia municipale, persino il Vescovo era fuori. Quando uscì di casa però non immaginava quello cui stava andando incontro. Dopo qualche ora mi telefonò dicendo che c’era una marea di disperati, assetati, disidratati e aveva una voce così commossa che non riusciva a terminare le frasi. Non dimenticherò mai l’espressione che aveva quando tornò a casa, alle 3 del mattino dopo. “Sono persone – ripeteva – persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro ultima speranza”.

Ci fu anche un bellissimo film di Gianni Amelio, ‘Lamerica’(1994) che raccontò con grande realismo quell’evento inaspettato e drammatico.

Ebbene dopo 23 anni le cose sembrano invertirsi. Forse per la crisi economica che da oltre sei anni sta cambiando il volto del nostro Paese, molti italiani hanno scelto di trasferirsi in Albania per trovare lavoro, per creare impresa e per rifarsi una vita meno triste e fatta di dolorose rinunce.

Quanti sono sinora i nostri concittadini che hanno preso questa importante decisione? A oggi sono circa 19mila quelli che hanno trovato un’occupazione e che si sono integrati nel tessuto sociale di un Paese come l’Albania che viene spesso considerato arretrato ed isolato dal resto dell’Europa.

Molti non sanno che il governo di Tirana è membro dell’alleanza politico-militare della Nato e che, grazie ad una serie di riforme del mercato del lavoro, hanno aperto il Paese agli investimenti economici stranieri, in particolare nello sviluppo di infrastrutture energetiche e di trasporto. Dal 15 dicembre del 2010 i cittadini albanesi sono esentati dal dover presentare i visti d’ingresso nei Paesi dell’Unione europea.

Gli italiani che hanno scelto il piccolo Paese dall’altra parte dello Stretto di Otranto hanno trovato occupazione nei call center, altri sono diventati proprietari di ristoranti o impiegati nei comparti dell’energia e delle infrastrutture, nella moda, nei servizi e nelle comunicazioni e nelle Tlc.

«Un flusso di arrivi al contrario che mostra come il vento sia cambiato e indice positivo d’integrazione europea» dice il ministro del Welfare e della Gioventù albanese, Erion Veliaj, giunto la scorsa settimana a Roma per una serie di incontri tra cui quello con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e il cardinale Angelo Sodano.

Anche le nuove tecnologie sembrano appetibili in Albania. Ci sono, infatti, aziende italiane leader nel nostro Paese nella vendita di assicurazioni, luce, gas, Adsl e altri prodotti finanziari che, nell’ottica di ottimizzare i costi offrendo sempre maggiori servizi di assistenza clienti e di consulenza telefonica anche sui prodotti finanziari e utenze luce-gas, stanno creando una nuova struttura di call centre a Tirana, destinata ad una rapida crescita dimensionale.

Ecco un po’ di cifre per farsi un’idea del nascente fenomeno: nel 2012 erano 1.460 le imprese albanesi con un socio italiano. L’anno seguente il numero è ancora aumentato. Ben 1.800 sono i permessi di soggiorno in corso degli Italiani in Albania su una popolazione complessiva di tre milioni di abitanti.

Sentiamo ora qualche testimonianza di Italiani che si sono trasferiti in Albania.

Iniziamo da Roberto, cuoco di Viterbo:«Stavo in cucina anche fino a 16 ore al giorno per tirare su una miseria di stipendio. Strozzato dalle tasse, frustrato. Là ero uno dei tanti, qui a Tirana sono uno dei pochi. Con quello che guadagno, poco per l’Italia, è più che dignitoso in Albania». Roberto Cannata, 49 anni, torinese, vent’anni nel Lazio fino allo ‘sbarco’ nella terra che produceva disperazione e pompava esodi di massa. Adesso Roberto fa quaranta coperti al giorno al “Basilico”, cinque minuti dal ‘block’ commerciale di Tirana. Clienti italiani e albanesi. Una faccia una razza? «Forse sì. Siamo popoli che si guardano».

Un residuo di diffidenza, soprattutto da parte italiana, che si stempera fino alla nemesi più sorprendente: lo scambio migratorio. Eccoli, gli immigrati al contrario. ‘Meglio poco che niente’. È lo spot del nuovo immigrato.

Due anni fa, compiuti i 26, Davide Barzani ha fatto la valigia e da Brescia, patria del tondino, ha esportato il suo mestiere a Tirana. Saldatore. Poi siccome le cose andavano bene si è messo a insegnarlo. «Sei allievi, un tavolo, una saldatrice», racconta nel laboratorio di ‘Mondo saldatura’.

Oscar Cappelletti, da Bergamo. Dopo una trasferta ha capito che collegare cavi elettrici qui conviene. «Non esistono le restrizioni che ci sono da noi. Si lavora meglio, e di più».

Arrivano in nave da Ancona e da Bari e in aereo con i 20 voli giornalieri (4 Alitalia, 15 Bell Air), quasi sempre pieni da Bergamo, Verona, Pisa, Roma. Su ogni volo, una media di 15 italiani.

Michela Marucci, praticante legale di Benevento. «Seguo la clientela italiana. I nostri imprenditori o chiudono o si suicidano, o vanno all’estero. L’Albania sta diventando la ventunesima regione d’Italia». Nel 1939 furono le truppe del nostro esercito a occuparla. Oggi è il turno delle nuove ‘valigie di cartone’.

Emilio Garlatti ha 60 anni e sforna pasta fresca. «A ogni angolo senti parlare italiano, ti senti a casa». Volo Alitalia Pisa-Tirana, un mese fa.

Una madre italiana raggiunge il figlio. «Ha messo su un allevamento di lumache. Lo vedo realizzato e sono felice«. Stop.

Rewind. Otto agosto 1991. La Vlora, un bisonte del mare stipato di 27 mila albanesi, entra nel porto di Bari. Resterà l’immagine simbolo dei grandi esodi. Gli immigrati vengono rinchiusi nello stadio della Vittoria. Alla fine la maggior parte viene rimpatriata con l’inganno di un trasferimento in altre città italiane.

Aldo a 18 è a Anzio a lavare i piatti di un noto ristorante. Cameriere, aiuto cuoco, chef. Oggi è tornato in patria e ha aperto ‘Delicatezze di mare’, a Tirana.

«Produrre a un’ora dall’Italia, in un paese dove la seconda lingua è l’italiano e dove un operaio costa 200 euro, è un’opportunità che attira», dice Massimo Gaiani, il nostro ambasciatore nel Paese delle aquile. In principio fu Cristina Busi, proprietaria di Coca Cola Albania. È sbarcata qui nel ‘91. L’ultimo in ordine di tempo è Francesco Becchetti, dominus di Agon Channel, nuova emittente made in Italy.

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